Sparta, Mississippi: la polizia locale indaga sulla morte di un ricco industriale con l’aiuto di un ispettore di colore lì di passaggio, nonostante le diffidenze degli abitanti locali.
Unico attore nero che all’epoca avesse una certa rilevanza, Sidney Poitier fu spesso utilizzato negli anni ’60 per veicolare, grazie ai suoi modi gentili e al suo aspetto elegante, messaggi anti-razzisti di solenne buonismo: pensiamo a “Indovina chi viene a cena” e soprattutto a questo film, ambientato in quel Mississippi in cui, proprio in quel decennio, operarono i famigerati “Cavalieri Bianchi del Ku Klux Klan”. Rassicurante crime-movie dal successo superiore ai meriti, “La calda notte dell’Ispettore Tibbs” vinse cinque Oscar, tra cui quello al miglior attore (Rod Steiger) e al montaggio (di Hal Ashby, futuro regista di successo anni ’70). Intreccio di prevedibilità cristallina: all’inizio il poliziotto nero e il poliziotto bianco non vanno d’accordo, ma alla lunga l’arguzia, la competenza e l’umanità del primo riusciranno a fare breccia nell’animo del secondo. Classico esempio di cinema sociale un po’ di grana grossa, ma che è lentamente servito – più di tanti buoni esempi e di tanti bei discorsi – alla causa dell’integrazione e della convivenza civile; in fondo, chi dubita della funzione educativa dell’arte si sbaglia o è in malafede. Uno dei primi grandi successi dell’allora 41enne canadese Norman Jewison; la canzone “In the heat of the night”, che apre e chiude il film di cui è anche titolo originale, è cantata nientemeno che da Ray Charles.
Voto: 7=